La fisica delle particelle esplora gli elementi fondamentali della materia e le loro interazioni, che determinano la struttura della materia nel nostro universo. Il portale web rende questa affascinante ricerca comprensibile ad un pubblico interessato.di più

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Dibattito Liceo di Locarno

Materia viva o materia morta

Ma serve? La domanda è legittima. Miliardi di franchi investiti per scoprire una nuova particella e…? Già: e poi? Che cosa ne deriva per il miglioramento della vita delle persone? Insomma, a che serve la fisica? Quali ricadute ha nell’ambito della medicina, per esempio? Proprio di questo hanno discusso per un paio d’ore, nel pomeriggio di venerdì 4 aprile, Martina Bucciantonio e Franco Cavalli, moderati dal giornalista Gerhard Lob, in un appassionante confronto dal titolo “Materia viva o materia morta - La ricerca in medicina, la ricerca in fisica”, davanti a una cinquantina di studenti di quarta del Liceo di Locarno.

Il pubblico: una cinquantina di studenti del Liceo di Locarno.
Immagine: B. Vogel

Dici “fisica” e, se sei un liceale, ti vengono in mente la dinamica del corpo rigido, i principi della termodinamica, i circuiti elettrici. E tanta, tanta matematica. Solo dopo, e solo se ti sforzi, ricordi anche i raggi X. Quelli che usa il tuo dentista per farti la radiografia. Quelli scoperti l’8 novembre 1895 da Wilhelm Röntgen e usati il 22 dicembre di quell’anno per la prima, storica impressione radiografica alla mano di sua moglie (ma la vicenda non è così chiara e la mano potrebbe essere stata di qualcun altro). Da quella prima immagine delle ossa nascoste in un arto umano vivente fino a oggi molto è cambiato. E proprio un excursus storico, mescolato a considerazioni personali sulla vita di un fisico, è l’intervento di Bucciantonio.

La ricercatrice, che sta svolgendo al Cern il proprio dottorato occupandosi di applicazioni mediche della fisica delle particelle, rivela come, alla fine del liceo, fosse indecisa fra fisica e medicina. “Avendo optato per la prima, pensavo di orientarmi verso la fisica fondamentale”, racconta, “ma poi di fatto ho scelto un ambito applicativo. Dopo aver studiato a Pisa e poi al Fermilab negli Stati Uniti, oggi lavoro a Ginevra, in quel melting pot di decine di nazionalità diverse che è il Cern”. E domani… chissà? La vita di un ricercatore è simile a quella dei “clerici vagantes” del Medioevo, in costante movimento. Con la comprensibile necessità di compromessi nella vita privata e affettiva.

15 mila acceleratori

Ma serve? E torniamo sempre lì. Beh, sì. Certo che serve. Perché il Large Hadron Collider da 27 chilometri è il più grande ma non l’unico acceleratore di particelle. Ne esistono 15 mila altri, usati in altrettanti ospedali e centri di cura nel mondo, dove si applica la radioterapia. Quella tradizionale, che usa la radiazione elettromagnetica e in particolare i raggi X. Ma anche la nuova frontiera dell’adroterapia, che impiega protoni e ioni. Con caratteristiche diverse, beninteso. “Mentre i fotoni agiscono soprattutto vicino alla superficie, le particelle pesanti e cariche come i protoni vanno in profondità, fino a decine di centimetri, dove rilasciano tutta la propria energia in una regione ben circoscritta”, spiega Bucciantonio. “Perciò sono più efficienti per colpire un bersaglio come un tumore profondo. Che però dev’essere identificato con estrema accuratezza, per evitare di danneggiare i tessuti sani circostanti”.

Accanto al fisico, il medico: Franco Cavalli, oncologo di fama internazionale per il quale non sono necessarie presentazioni. Oncologo per caso, in verità, per sua stessa ammissione. Attratto dal giornalismo ma messo di fronte alle tradizionali possibilità di studio superiore, cioè ingegneria, diritto e medicina, il giovane Franco sceglie quest’ultima e pensa di poter realizzare i propri ideali politici e sociali nel settore che all’epoca sembra più promettente e innovativo: la psichiatria. “Il movimento”, racconta, “pensava di poter usare i matti per fare la rivoluzione”. Ma ben presto rimane deluso e si sposta verso la medicina interna e poi l’oncologia, nella quale sente di poter conciliare l’interesse per la scienza, che lo spinge a cercare la chiarezza dei fatti, e la passione per la politica. “Infatti”, dice Cavalli, “i tumori maligni sono un insieme di malattie che per il 50 per cento dipende da fattori ambientali e comportamentali: dunque il legame con la società è chiaro. Anche perché l’oncologia permette di toccare moltissimi aspetti della medicina, dalla biochimica alla genetica, fino alla psicologia del paziente”. E proprio la psicologia è essenziale: “Il malato di cancro”, precisa l’oncologo, “ricorda a chi lo circonda la morte e viene evitato. Dunque si sente un po’ escluso dalla società. Mentre dal proprio oncologo si sente accettato”.

Grandi progressi

Questo per quanto riguarda la clinica. E la ricerca? Qual è il suo ruolo? Qui inizia il confronto fra l’oncologo e la ricercatrice in fisica. “Il cancro ci sarà sempre, perché la materia vivente non può esistere senza le mutazioni”, osserva Franco Cavalli. “Ma, se non riusciremo mai a guarire tutti i pazienti, potremo almeno imparare a convivere col cancro. Per questo però la ricerca è fondamentale”. E i progressi sono lì a dimostrarlo: negli Anni Settanta sopravviveva il 15 per cento dei malati, oggi siamo al 50 per cento. “Nella ricerca l’interazione coi medici è fondamentale”, aggiunge Bucciantonio. “Sia per il fisico medico, i cui compiti sono assicurarsi che gli apparecchi funzionino come si deve e preparare un piano di cura, sia per il fisico che invece si occupa di ricerca. Il medico può fornire al fisico nuovi spunti, nuove idee, nuovi punti di partenza”. Ma l’adroterapia è davvero efficace? Bucciantonio è chiara: “Una terapia convenzionale costa meno, in effetti. Ma cominciamo ad avere una buona statistica per poter fare dei paragoni”. “Statistica che però deve considerare anche i casi in cui i pazienti vengono trattati in modo diverso”, precisa Cavalli, “perché altrimenti il confronto è impossibile”.

“Quali sono le più note cause riconosciute dei tumori?”, chiede una ragazza. “L’amianto, il tabacco, l’alcol, le infezioni, e poi sostanze tossiche e radiazioni. Tutti fattori che provocano il primo danno dal quale poi si svilupperà il tumore”, risponde l’oncologo. Che poi aggiunge: “Altri fattori invece mantengono in vita le cellule tumorali, che il corpo distruggerebbe spontaneamente. Per esempio l’alimentazione sbagliata o il sovrappeso”. Dunque non è strano che i tumori stiano esplodendo nei Paesi in via di sviluppo, nei quali si passa da un’alimentazione naturale a una più simile alla nostra, meno sana.

Tumori resistenti

“Quali tumori possono essere curati meglio?”, è il quesito di un’altra studentessa. “La radioterapia e soprattutto la chemioterapia non distinguono fra cellule sane e malate”, spiega Cavalli. “Ma le cure coi farmaci uccidono le cellule che si moltiplicano più in fretta. Ecco perché si riescono a guarire soprattutto i tumori più rapidi. Ed ecco anche perché guariamo l’80 per cento dei tumori pediatrici”. Bucciantonio aggiunge: “Ci sono tumori resistenti per i quali l’adroterapia può essere più efficace o meno dannosa della radioterapia convenzionale”. “Ma potrebbe prendere piede anche da un punto di vista commerciale?”, chiede una ragazza. “Certo”, è la risposta della ricercatrice. “Ci sono aziende che lavorano su apparecchi sempre più compatti e maneggevoli, che possono essere installati anche in strutture di cura già esistenti. E che quindi sono più facili da portare sul mercato”.

S’è fatto tardi e la discussione si conclude. Gli studenti se ne vanno. Tornano alle lezioni, allo studio, al tempo libero. Gli esami di maturità li attendono fra pochi mesi e queste due ore hanno offerto uno sguardo su una possibilità professionale. Fra loro, forse qualcuno, stimolato in quest’occasione, si iscriverà a fisica. Altri a medicina. E magari, fra qualche anno, finiranno per ritrovarsi insieme di fronte alle misure e alle immagini prodotte dalle macchine di adroterapia di prossima generazione.

Marco Cagnotti (6. 4. 2014)

Il colloquio “Materia viva o materia morta - Ricerca nella medicina e ricerca nella fisica “ fa parte di una serie di sette conferenze durante le quali un fisico/una fisica discute con un rappresentante di un altro indirizzo di studi sull’importanza della fisica, rispettivamente delle scienze naturali, per la società attuale.

La serie di conferenze è nata da un’idea del fisico PD Dr. Hans Peter Beck (Università di Berna/CERN) e del professore Klaus Kirch del politecnico di Zurigo (ETH Zürich). Gli eventi sono finanziati dal programma per la comunicazione scientifica “Agora” del Fondo Nazionale Svizzero.

Per permettere anche al pubblico di internauti di confrontarsi con la tematica, le discussioni vengono effettuate pure in rete, in un momento differito, con gli stessi relatori (Hangout On Air).

Qui trovate la registrazione video dell’Hangout del 20 marzo 2014 (video)

  • La ricercatrice Martina Bucciantonio.
  • Il medico Franco Cavalli.
  • La ricercatrice Martina Bucciantonio.Immagine: B. Vogel1/2
  • Il medico Franco Cavalli.Immagine: B. Vogel2/2
3. Hangout On Air di fisicadelleparticelle.ch

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